Una ricerca interdisciplinare dell’Ateneo su “Scientific Reports”, che ha studiato i meccanismi molecolari alla base dell’associazione fra la celiachia e l’epilessia, dimostra per la prima volta sperimentalmente il rapporto fra gli effetti tossici del glutine e l’epilessia (“The gliadin peptide 31-43 exacerbates kainate neurotoxicity in epilepsy models” doi: 10.1038/s41598-017-14845-4). La ricerca è frutto della collaborazione dei dipartimenti di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino (NEUROFARBA), di Scienze Biomediche, Sperimentali e Cliniche e di Scienze della Salute. “Il collegamento fra la celiachia e l’epilessia, sebbene l’associazione sia poco frequente, è suggerito da numerose osservazioni cliniche – spiega Elisabetta Gerace, prima firmataria della pubblicazione – ma la nostra ricerca costituisce la prima dimostrazione sperimentale in modelli animali della correlazione tra la tossicità del frammento 31-43 della gliadina – una delle proteine principali del glutine – e l’epilessia”. “La novità dello studio – sottolinea Antonino Calabrò, docente di Gastroenterologia e direttore del Centro di Riferimento regionale per la celiachia– sta nel fatto di aver documentato come il glutine a contatto con zone cerebrali, come l’ippocampo, potenzi l’effetto dell’acido kainico, responsabile dell’innesco delle crisi di epilessia. L’azione è associata ad un’aumentata espressione della transglutaminasi neuronale”. “Sebbene ancora a livello sperimentale – prosegue Calabrò – la ricerca – che si è avvalsa delle competenze del team guidato da Guido Mannaioni, docente di Farmacologia – apre importanti prospettive nello studio delle terapie per pazienti celiaci epilettici e, più in generale, del rapporto fra il glutine e le malattie neurologiche”.
Un team internazionale ha identificato per la prima volta tutti i geni trascritti nella pianta di girasole “potenziata” grazie alla simbiosi con un fungo benefico che ne favorisce la crescita e lo sviluppo. La ricerca è stata condotta dai genetisti e microbiologi dell’Università di Pisa, coordinati rispettivamente dal professore Andrea Cavallini e dalla professoressa Manuela Giovannetti, e dai bioinformatici del Centro di ricerca inglese Rothamsted Research. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista “Scientific Reports” del gruppo editoriale "Nature".
“Il girasole è una delle quattro più importanti piante produttrici di olio, il prezioso olio di girasole, ricavato dai suoi semi e ricco di acidi grassi insaturi e vitamina E, che è sempre più utilizzato nell’industria alimentare - spiega Andrea Cavallini - Noi con questo studio abbiamo dimostrato che l’espressione di alcuni geni, fondamentali per la crescita e l’assorbimento dei nutrienti nel girasole, aumenta a seguito dell’instaurarsi della simbiosi con un fungo benefico”.
La collaborazione tra i genetisti, microbiologi e bioinformatici ha dunque portato alla identificazione del “trascrittoma”, cioè di tutti i geni espressi nella radice del girasole micorrizato, ovvero quando la pianta si trova a vivere in simbiosi con il fungo Rhizoglomus irregulare.