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Low vitamin D levels at birth were associated with an increased risk of autism spectrum disorders (ASDs) at the age of 3 years in a recent Journal of Bone and Mineral Research study. In the study of 27,940 newborns in China, 310 were diagnosed with ASDs at 3 years of age, with a prevalence of 1.11 percent. When the 310 children with ASDs were compared with 1,240 control subjects, the risk of ASDs was significantly increased in each of the three lower quartiles of vitamin D level at birth, when compared with the highest quartile: an increased risk of ASDs by 260 percent in the lowest quartile, 150 percent in the second quartile, and 90 percent in the third quartile.

"Neonatal vitamin D status was significantly associated with the risk of ASDs and intellectual disability," said senior author Dr. Yuan-Lin Zheng.

Additional Information

Link to Study:

http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/jbmr.3326/full

Pubblicato in Scienceonline

Test series with the smart security glass in the laboratories of Schott Technical Glass Solutions GmbH

 

There is a huge selection of glass break detectors on the market. Although these detectors reliably trigger an alarm when window panes break, they do not register all other ways in which burglars can interfere with a pane. To counter this, Fraunhofer researchers have created a new type of alarm system that recognizes any attempt to manipulate the window. It registers temperature changes in real time as well as vibrations caused by external interference with the glass, leaving burglars with no chance. The window panes of jewelry stores, art galleries and banks are protected by alarm and fitted with security glass. However, the pane or part thereof has to break before the alarm is triggered. Conventional security glass contains metal threads that tear in the event of mechanical damage, activating the alarm. If a cutting torch or a drill is used to damage the glass, conventional systems react either too late or not at all. Burglars exploit this weakness and use a drill or a blowtorch instead of a hammer. Researchers at the Fraunhofer Institute for Technological Trend Analysis INT and the Fraunhofer Institute for Photonic Microsystems IPMS have jointly developed a smart anti-burglary protection system that overcomes this problem. The new system quickly and dynamically records thermal and mechanical stresses from external causes. Even a gentle knock against the security glass or manipulation through the use of a flame is enough to trigger the alarm. The external force applied to the pane changes its mechanical characteristics, and the system detects this change. This method of monitoring glass panes is based on a glass break sensor built inside an optical fiber by means of fiber Bragg grating, that is, optical interference filters inscribed in optical waveguides. The fiber optics can be fitted in the corner of the windowpane or in other positions.

Pubblicato in Scienceonline

 

 

È stato pubblicato su «Nature Geoscience» (Articolo su Nature Geoscience) una ricerca che vede tra i firmatari il Professor Giulio Di Toro del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova in cui si studiano i terremoti che generano tsunami. I terremoti sono il risultato della propagazione di una rottura lungo una superficie che attraversa la crosta terrestre chiamata faglia. La propagazione della rottura consente ai blocchi di roccia a lato della faglia di spostarsi l'uno rispetto all'altro anche di decine di metri nel caso di terremoti eccezionalmente grandi (magnitudo 9.0). In genere, i terremoti che producono tsunami si distinguono da quelli che interessano la crosta continentale, come i recenti terremoti di Amatrice e Norcia del 2016, per avere velocità di propagazione della rottura più lenta (1-2 km/s) rispetto agli altri terremoti (2-4 km/s) ciò per consentire grandi spostamenti dei blocchi di faglia in prossimità della superficie, il fondale marino in questo caso. L'articolo su «Nature Geoscience» riguarda la dinamica di propagazione, durante grandi terremoti (magnitudo maggiore di 7.0), di rotture sismiche lungo faglie dalla profondità dove nasce il terremoto (circa 15-35) fino al fondale marino. Fino a pochi anni fa, si pensava che le rotture sismiche non fossero in grado di propagarsi attraverso i più superficiali e soffici sedimenti marini ricchi in argilla. Gli scienziati ritenevano che le dislocazioni prodotte dal terremoto fossero trascurabili in questi ambienti. Inoltre, non era stata presa in considerazione la presenza in questi sedimenti di strati non consolidati dallo spessore di decine fino a centinaia di metri composti da gusci calcarei di microrganismi marini. Infatti, basandosi su esperimenti che però non riproducevano fedelmente le straordinarie condizioni di deformazione tipiche di un terremoto, si riteneva che il coefficiente di attrito di questi materiali aumentasse con la velocità di scivolamento lungo una faglia arrestando la rottura prima che questa arrivasse a rompere il fondale marino. Ma non è così, il grande terremoto di Tohoku (magnitudo 9.0) e conseguente tsunami che ha inondato la costa settentrionale dell'arcipelago Giapponese l'11 marzo del 2011 ha messo in discussione questa interpretazione. Evidenze sismologiche, geofisiche e geologiche hanno dimostrato che in questo terremoto la rottura si è propagata fino a rompere il fondale oceanico con conseguenze devastanti.

Pubblicato in Geologia

 

 

Three projects on novel food processing took the stage at the international conference of the European Federation of Food Science and Technology (EFFoST) to present their findings.

There are different reasons to adapt new technologies in food processing. First, the industry hopes to create new foods that will provide a better taste and new sensations in the mouth. Second, it looks for ways to extend shelf life, preferably without being chilled. Furthermore, the food sector is also continuously on the lookout for new ways to reduce costs in the processing industry without compromising on food quality. These were the underlying reasons for three initiatives that were presented at the EFFoST conference this autumn, one of the leading conferences on food technology in Europe.  Southern Italy is the world’s key producer of processed tomatoes, explains Giovanna Ferrari of the University of Salerno, who has conducted a series of experiments to verify how electric pulses could be adapted at a tomato processing plant. The technology, tested under the EU project FieldFOOD, is called PEF that stands for Pulsed Electric Field Preservation. Ferrari and her team decided to include the electric pulses while the tomatoes undergo the first washing cycle. During this process, the tomatoes travel along a tube filled with water, where electric pulses under 1000 Volts/cm2 are fired onto the tomatoes.

Pubblicato in Scienceonline

La leishmaniosi è una malattia umana e veterinaria importante causata dal parassita Leishmania che colpisce 12 milioni di persone in più di 98 paesi. Attualmente questa malattia sta emergendo in Europa a causa dei cambiamenti climatici e degli imponenti spostamenti di popolazione. È noto che il parassita si adatta rapidamente a nuovi ambienti, con conseguenze importanti per il numero di persone affette da questa malattia. Per questo motivo, l'UE già la riconosce come una minaccia emergente per la salute pubblica. In un articolo pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution, gli scienziati presso l'Institut Pasteur di Parigi e il Centro de Regulación Genómica (CRG) a Barcellona, in collaborazione con i ricercatori presso l'Institut de Médecine Tropicale (IMT) d’Anvers e dell’Université de Montpellier, hanno dimostrato che l'adattamento di Leishmania è dovuto ad una frequente amplificazione dei cromosomi, cioè all'incorporazione di un numero maggiore di cromosomi di quanto ci si aspetterebbe. Queste variazioni nel numero di cromosomi, chiamate aneuploidie, sono simili a quelle riscontrate in vari tipi di cancro.

Pubblicato in Medicina

I risultati dello studio dei ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca contribuiranno a chiarire la storia naturale dell’infezione da HPV aprendo nuovi orizzonti nell’ambito dello screening cervicale e per interventi di immunoprofilassi.

Non solo nelle mucose e sulla pelle: il DNA del papilloma virus (HPV) si trova anche nel sangue di donne con infezione cervicale. È il risultato dello studio “Human papillomavirus DNA detection in plasma and cervical samples of women with a recent history of low grade or precancerous cervical dysplasia”, appena pubblicato sulla rivista scientifica PLOS One, condotto dai ricercatori di Microbiologia Clinica del dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Milano-Bicocca, insieme ai colleghi di ginecologia dell’ospedale San Gerardo (ASST Monza) e della Sezione di Igiene del Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università di Sassari. Se è noto che il papilloma virus infetta pelle e mucose, solo pochi studi precedenti hanno mostrato la presenza del DNA virale nel sangue in donne con cancro al collo dell’utero. Lo studio condotto dai ricercatori di Milano-Bicocca compie un passo avanti: i risultati della ricerca, infatti, hanno evidenziato la presenza di HPV DNA in campioni di sangue di donne senza tumore ma con una recente diagnosi di Pap-test positivo.

Pubblicato in Medicina

Image: World Health Organization 

 

La leishmaniasis es una importante enfermedad humana y veterinaria causada por el parásito Leishmania que afecta a 12 millones de personas en más de 98 países. Actualmente esta enfermedad está aflorando en Europa debido al cambio climático y a los desplazamientos masivos de población. Se sabe que el parásito se adapta rápidamente a nuevos ambientes, lo que tiene consecuencias importantes para el número de afectados con esta enfermedad. Por ello, la UE ya la reconoce como una amenaza emergente para la salud pública. En un artículo publicado en la revista Nature Ecology & Evolution, científicos del Institut Pasteur en París y del Centro de Regulación Genómica (CRG) en Barcelona, en colaboración con investigadores en el Instituto de Medicina Tropical de Antwerp (ITM) y la Universidad de Montpellier, han demostrado que la adaptación de Leishmania se debe a una frecuente amplificación de cromosomas, es decir, a la incorporación de un número mayor de cromosomas del que debería. Estas variaciones en el número de cromosomas, llamadas aneuploidías, son parecidas a las que encontramos en diversos tipos de cáncer.


Image: World Health Organization 

Este descubrimiento representa un importante paso hacia una mejor comprensión de la infección de Leishmania en humanos y, en concreto, en la resistencia de los parásitos a tratamiento, su patogenicidad, y su movilidad en diferentes tejidos. El nuevo avance, que pone de manifiesto la inestabilidad genómica de Leishmania, podría allanar el camino hacia la identificación de los mecanismos que facilitan la resistencia a tratamientos y contribuir a descubrir nuevos biomarcadores para mejorar el diagnóstico y el pronóstico de los pacientes. La leishmaniasis es una de las cinco enfermedades infecciosas más importantes a nivel mundial, con una estimación de 350 millones de personas con riesgo de infección. La enfermedad causa un amplio espectro de manifestaciones clínicas en sus tres formas (cutánea, visceral y mucocutánea) como resultado de una infección por las diferentes especies de parásitos Leishmania.  Estos parásitos unicelulares se adaptan a un gran número de huéspedes. Crecen como parásitos extracelulares dentro de la mosca arenera que transmite Leishmania a varios vertebrados, como, por ejemplo, a roedores, perros, y a humanos. Una vez en el huésped, Leishmania crece en el interior de las células del sistema inmunitario, principalmente en los macrófagos, causando diversas patologías que pueden llevar a la muerte del huésped. La leishmaniasis es una de las enfermedades más descuidadas y que atraen menos atención. Todavía no existe vacuna para humanos y sólo existen algunos tratamientos, todos ellos con importantes restricciones en relación a su administración, toxicidad o coste. Para más dificultad, una de las principales características biológicas de Leishmania es su capacidad para adaptarse a un gran número de fluctuaciones impredecibles dentro de su huésped y dificultar, así su tratamiento. Por ejemplo, generando resistencias a nuevos tratamientos con facilidad.

Image: World Health Organization 

Para identificar los mecanismos genéticos que permiten la adaptación genómica de Leishmania, científicos del Instituto Pasteur en Paris y del Centro de Regulación Genómica (CRG) en Barcelona, en colaboración con investigadores en el Instituto de Medicina Tropical de Antwerp (ITM) y la Universidad de Montpellier han desarrollado nuevas técnicas para la genómica comparada basadas en las últimas técnicas de secuenciación y en análisis in-sillico. Su trabajo, que publica la revista Nature Ecology and Evolution, muestra por primera vez la existencia de una relación entre los cambios en el número de copias de un cromosoma y la selección de nuevos alelos importantes para la supervivencia de Leishmania. El aspecto más sorprendente de este trabajo es la observación que Leishmania consigue combinar la selección de alelos y el mantenimiento de una gran diversidad genética. Normalmente, estos dos procesos deberían ser excluyentes y se esperaría que un parásito sometido a una fuerte selección perdiera su diversidad genética. En cambio, en Leishmania, las frecuentes duplicaciones de cromosomas permiten combinar ambos procesos. Así, el parásito mantiene su diversidad al permitir que una misma combinación de alelos sea seleccionada simultáneamente en individuos genéticamente diversos. Gerald Späth, Director de la Unidad de Parasitología Molecular en el Institut Pasteur de París, quien ha dirigido la parte experimental de este estudio, comenta:” Casi toda la investigación básica, aplicada, y clínica sobre Leishmania se realiza con parásitos de cultivos a largo plazo. Nuestro estudio, demuestra que el genoma del parásito evoluciona muy rápido. Es importante tener eso en cuenta para estudiar la biología del parásito y buscar nuevos biomarcadores, tratamientos o posibles vacunas. El futuro de la investigación en Leishmania debería realizarse de forma más integradora que considere las interacciones genéticas entre el parásito, el vertebrado huésped y el insecto vector, bajo condiciones clínicamente relevantes, por ejemplo, utilizando parásitos de cultivo a corto plazo y aplicando secuenciación directa de los tejidos”. Cedric Notredame, jefe de grupo en el Centro de Regulación Genómica (CRG) en Barcelona, que ha dirigido la genómica comparativa de este estudio, explica: “Siempre ha existido la creencia de que la amplificación de genes es una vía para la adaptación, pero, ahora, nuestro trabajo muestra que en Leishmania, la evolución ha utilizado este mecanismo hasta el punto de convertirlo en un paso esencial del ciclo de vida del parásito. Una parte importante del trabajo muestra que otras variaciones complejas aneuploides, juegan un papel importante en algunos tipos de cáncer y creemos que la gran acumulación de datos genómicos de la que disponemos actualmente combinados con innovadoras técnicas in-sillico – como las que hemos utilizado para este estudio – pronto nos permitirán tener una mejor comprensión de la relación entre aneuploidía y selección de alelos”.

El profesor Jean-Claude Dujardin del Instituto de Medicina Tropical (ITM) en Antwerp señala: “Nos llevó más de cinco años recopilar un conjunto de datos genómicos sin precedentes de muestras clínicas en el subcontinente indio y publicar un primer análisis el año pasado. Una gran característica de la ciencia moderna es que todos los datos genómicos necesitan hacerse públicos, lo que permite nuevas colaboraciones, como la que resulta en este trabajo que ahora presentamos. También ha permitido establecer una nueva colaboración entre ITM, el Institut Pasteur y el CRG para luchar contra enfermedades infecciosas”. Los resultados de este original estudio son muy relevantes para otras enfermedades humanas que dependen de la inestabilidad genómica, como las infecciones fúngicas o el cáncer, y abren nuevas vías para descubrir tratamientos para leishmania basados en el huésped y en la dependencia metabólica del parásito para prevenir la evolución adaptativa de la resistencia a tratamientos por parte de los parásitos.  Basándose en los resultados que se publican en este trabajo y con el objetivo de estudiar la biología y la epidemiología de Leishmania en un contexto clínicamente más relevante, el Dr. Gerald Späth ha establecido el consorcio internacional ‘LeiSHield’ (www.leishield.org), coordinando a equipos del Insitut Pasteur e internacionales que inicialmente se financió desde la Dirección Internacional del Institut Pasteur y que actualmente ya cuenta con 1.7 millones de euros de financiación del programa H2020 de la Comisión Europea.

 

http://www.crg.eu/en/news/genome-leishmania-reveals-how-parasite-adapts-environmental-changes

Articolo in lingua inglese: 

https://www.scienzaonline.com/scienceonline/item/1753-the-genome-of-leishmania-reveals-how-this-parasite-adapts-to-environmental-changes.html

 

Articolo in lingua francese: 

https://www.agenziadistampa.eu/autori-agenziadistampa-eu/121-medicina/1784-leishmania-un-parasite-qui-s%E2%80%99adapte-%C3%A0-son-environnement-par-amplification-chromosomique.html

 

Articolo in lingua catalana: 

https://www.agenziadistampa.eu/lista/115-medicina/1781-el-genoma-de-leishmania-revela-com-aquest-par%C3%A0sit-que-afecta-12-milions-de-persones-s-adapta-a-canvis-ambientals.html

 

 

Pubblicato in Scienceonline

 

 

 

Leishmaniasis is an important human and veterinary disease caused by Leishmania parasites that affect 12 million people in over 98 endemic countries. The disease is now emerging in Europe due to climate change and massive population displacement. The parasite is known to rapidly adapt to novel environments with important consequences for disease outcome. It has therefore been recognized as an emerging public health threat for the EU. In a paper, published in Nature Ecology & Evolution, scientists from the Institut Pasteur in Paris and the Centre for Genomic Regulation (CRG) in Barcelona, in collaboration with teams at the Institute of Tropical Medicine Antwerp (ITM) and the University of Montpellier, have now demonstrated that Leishmania adaptation results from frequent and reversible chromosomal amplifications.  Such variations, named aneuploidies, are similar to those occurring in many cancer types.

Pubblicato in Scienceonline

Allo IEO vaccinate con il nuovo farmaco già 100 persone. I tumori da HPV potrebbero scomparire nelle generazioni future. 

L’Istituto Europeo di Oncologia è fra i primi centri in Italia ad utilizzare il nuovo vaccino anti-HPV (Human Papilloma Virus), in grado di prevenire i tumori causati da nove tipi di questo insidioso virus. Rispetto ai vaccini precedenti, attivi contro al massimo quattro ceppi virali, quello di ultima generazione in uso allo IEO è più efficace contro il tumore al collo dell’utero (la forma tumorale per cui il vaccino è nato e si è diffuso nel mondo) ed estende la protezione ad altre forme di cancro HPV- correlate, come il cancro dell’ano, della vulva e della vagina, per i quali non esiste altro strumento né di prevenzione né di diagnosi precoce. «Con il nuovo vaccino nonavalente - commenta Eleonora Preti, dell’Unità di Ginecologia preventiva IEO – raggiungiamo una copertura vaccinale per il tumore della cervice fino al 90%, rispetto al 70% di quello precedente. Sin dall’introduzione del primo vaccino anti-HPV, IEO è stato un promotore delle campagne vaccinali e oggi siamo felici di poter proporre alle nostre donne il miglior vaccino reso finora disponibile dalla ricerca internazionale. E anche alle loro figlie e i loro figli adolescenti». La vaccinazione anti-HPV, già prevista per le ragazze dodicenni, è stata infatti estesa ai maschi della stessa età dal nuovo Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019, incluso nei Livelli Essenziali di Assistenza (Lea), con l’obiettivo di ottenere il massimo dell’immunizzazione contro le malattie correlate all’ HPV. 

Pubblicato in Medicina

Condizioni climatiche avverse, un’economia globale lenta e i conflitti sono i fattori chiave che producono insicurezza alimentare nella regione

 

Nell'Africa sub-sahariana, la maggioranza della popolazione malnutrita nel 2016 viveva in paesi colpiti da conflitti.  E' aumentato in Africa Sub-sahariana il numero di persone sottonutrite, soprattutto a causa dell'impatto dei conflitti e del cambiamento climatico. La situazione indica un'urgente necessità di costruire la capacità di ripresa delle comunità colpite e di trovare soluzioni pacifiche che rafforzino la sicurezza alimentare, ha dichiarato oggi la FAO. Secondo il rapporto della FAO Africa Regional Overview of Food Security and Nutrition (2017),  la prevalenza della malnutrizione cronica è aumentata, passando tra il l 2015 e il 2016 dal 20,8% al 22,7%. "Il numero delle persone sottonutrite è aumentato, passando da 200 a 224 milioni, pari al 25% del totale degli 815 milioni di persone sottonutrite al mondo nel 2016", ha dichiarato Bukar Tijani, Direttore Generale Aggiunto della FAO e Rappresentante Regionale per l'Africa.
Pubblicato in Medicina

Medicina

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