Scoperta la chiave che apre la “porta del ferro” delle cellule

Università La Sapienza di Roma 11 Mar 2019

Con la rivoluzionaria tecnica della microscopia elettronica criogenica, un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze biochimiche A. Rossi Fanelli della Sapienza e del laboratorio IIT@Sapienza, ha osservato che il meccanismo con cui le cellule incorporano il ferro è lo stesso che i virus usano per infettarle. I risultati, pubblicati su Nature Communications, aprono la strada allo sviluppo di farmaci di precisione contro virus e tumori

Il team di ricerca guidato da Beatrice Vallone e Alberto Boffi del Dipartimento di Scienze biochimiche A. Rossi Fanelli in collaborazione con il laboratorio IIT @Sapienza, ha osservato per la prima volta la struttura del complesso formato dalla proteina ferritina e il suo recettore cellulare (CD17). L’analisi della struttura del complesso ferritina-recettoreha rivelato un importante meccanismo biologico fino a oggi sconosciuto, ovvero il processo con cui il ferro entra nelle cellule. I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Nature Communications, non solo ampliano lo scenario delle conoscenze scientifiche di base, ma hanno anche ricadute pratiche di rilievo.

I ricercatori hanno visto che il plasmodio della malaria e i virus della famiglia degli arenavirus e parvovirus utilizzano la zona del recettore che apre le porte al ferro, per introdursi nelle cellule, infettandole. Conoscere la strada attraverso cui il virus o il plasmodio entrano nella cellula permette di mettere a punto una strategia per ingannarli: si può immaginare di costruire piccole molecole che impediscano al virus di trovare libera la porzione di recettore per legarsi alle cellule.

Per ottenere tali risultati, è stata utilizzata l’innovativa crio-microscopia elettronica, una tecnica che permette di ricostruire la struttura tridimensionale delle molecole con dettaglio atomico, che è valsa a Jacques Dubochet, Joachim Frank e Richard Henderson il premio Nobel per la chimica 2017. I microscopi elettronici di ultima generazione sono disponibili presso la Columbia University, l’Advanced Science Research Center della City University of New York e la European Synchrotron Research Facility, dove Linda Celeste Montemiglio e Claudia Testi, giovani ricercatrici della Sapienza e prime autrici del lavoro, hanno trascorso un periodo di ricerca collaborativa.

Lo studio ha un’altra importante implicazione in campo medico, permetterà infatti di disegnare nuovi nanovettori per la diagnosi e la cura del cancro. Già da diversi anni il team della Sapienza, in collaborazione con l’Istituto di Biologia e patologia molecolari del Cnr, sfrutta il complesso ferritina-recettore come “chiave molecolare” per veicolare selettivamente farmaci antitumorali.

“Adesso che conosciamo a fondo la struttura del complesso – spiega Beatrice Vallone, coordinatrice del progetto – sarà possibile sviluppare terapie più specifiche, selettive ed efficaci”.

 

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