“Era già noto da un precedente studio del nostro gruppo – illustra Foiani – il fatto che la proteina Beclin ha un ruolo cruciale nell’influenzare la risposta cellulare al danno al DNA indotto da farmaci chemioterapici che danneggiano la replicazione del DNA”. Ma non era chiaro come e perché. “Quanto è emerso ora dalle nostre ricerche effettuate combinando approcci di genetica, metabolomica e proteomica – prosegue lo scienziato – è che la funzione protettiva di Beclin è dovuta all’influenza che esercita sul trasporto degli aminoacidi a livello della membrana cellulare”. “In particolare – spiega Arta Ajazi, prima autrice dell’articolo – la perdita di funzione di Beclin comporta un significativo incremento del trasporto di diversi amminoacidi, tra cui il triptofano e la leucina, dall’ambiente esterno a quello interno alla cellula. Una volta entrati nella cellula, tali amminoacidi sono essenziali per produrre proteine che consentono alle cellule di riparare il DNA, consentendo alle cellule di sopravvivere allo stress genotossico causato, per esempio, da farmaci chemioterapici. Questo effetto può spiegare la capacità delle cellule, mutate nel gene che codifica Beclin, di resistere ai farmaci chemioterapici”. “C’è di più – aggiunge Foiani –. Questo risultato ha importanti implicazioni diagnostiche in quanto potrebbe consentire in prospettiva di trattare i pazienti con approcci di medicina personalizzata evitando di utilizzare la
chemioterapia laddove il test genomico evidenzi mutazioni in Beclin”. Lo studio condotto in IFOM, oltre ad ampliare la conoscenza relativa alle modalità con cui le cellule si proteggono dai danni al DNA attraverso la modulazione del loro metabolismo, apre la strada all’individuazione di approcci metabolici specifici da abbinare alle terapie convenzionali per aumentarne l’efficacia.
“Il prossimo passo che intendiamo compiere – conclude Foiani – è mirato allo sviluppo di trattamenti sperimentali antitumorali che combinino la chemioterapia con supplementazioni nutrizionali volte a influenzare la concentrazione degli amminoacidi nell’ambiente in cui il tumore cresce. Lo scopo è rendere le cellule cancerose maggiormente sensibili alla chemioterapia, potenziando l’effetto del trattamento e riducendone al contempo la tossicità”. Questo studio non sarebbe stato possibile senza il sostegno ricevuto da Fondazione AIRC, con un grant a Marco Foiani e una borsa di studio ad Arta Ajazi. La ricerca ha coinvolto ricercatori e scienziati specializzati in diversi settori della ricerca oncologica, tra cui esperti di analisi proteomiche (la dott.ssa Angela Bachi di IFOM), della traduzione degli mRNA (il prof. Stefano Biffo dell’Università Statale di Milano e di INGM) e del metabolismo dei tumori umani (il dott. Claudio Vernieri, di INT e di IFOM).