L'impiego crescente di carta e cartone riciclati nel packaging alimentare, spinto da lodevoli iniziative di sostenibilità globale, potrebbe celare insidie tutt'altro che trascurabili. Una recente ricerca ha infatti messo in luce come tali materiali possano veicolare metalli tossici, spesso residui di inchiostri, adesivi o processi industriali, con il rischio concreto di migrazione negli alimenti. Le conseguenze per la salute pubblica potrebbero essere serie, spaziando da patologie oncologiche a disturbi neurologici e malattie metaboliche.

Se da un lato l'Unione Europea ha introdotto normative stringenti per i contaminanti negli imballaggi plastici, dall'altro il settore del packaging in carta sconta una preoccupante carenza di protocolli di sicurezza standardizzati. Precedenti indagini avevano già isolato metalli pesanti come cromo e mercurio in materiali riciclati a contatto con gli alimenti, ma i pericoli derivanti dalla loro migrazione erano rimasti in gran parte inesplorati. Proprio questa lacuna conoscitiva ha spinto un team di ricercatori olandesi ad approfondire la questione.

 

La ricerca coordinata dall’Università di Pisa pubblicata su Communications Biology.

Per la prima volta, un team di ricerca delle Università di Pisa ha dimostrato che anche gli zebrafish – piccoli pesci d’acqua dolce noti per le loro capacità sociali e le somiglianze genetiche con l’uomo – sono in grado di “contagiarsi” a vicenda sbadigliando. Un comportamento che finora era stato documentato solo in mammiferi e uccelli, lasciando credere che fosse esclusivo degli animali a sangue caldo con sistemi sociali evoluti. Lo studio pubblicato su Communications Biology apre così nuovi scenari sull’origine di questa “risonanza motoria” e suggerisce che le radici del contagio dello sbadiglio potrebbero risalire a più di 200 milioni di anni fa.

 

 

I ricercatori ugandesi hanno sviluppato un metodo per trasformare i rifiuti generati dalla produzione di cuoio in una soluzione agricola ricca di nutrienti per la coltivazione del caffè. L'innovazione affronta sfide critiche nel settore agricolo dell'Uganda, mirando alla gestione dei rifiuti e alla fertilità del suolo attraverso un approccio scientificamente avanzato alla produzione di fertilizzanti organici.

Trasformando i rifiuti della lavorazione del cuoio in un fertilizzante organico intelligente, gli scienziati sperano di migliorare la crescita economica, la sostenibilità ambientale e il benessere sociale, ha affermato Simon Peter Musinguzi, ricercatore principale e docente senior presso l'Università dei Martiri dell'Uganda.


Tale patologia, classificata come malattia rara, è ancora poco studiata: un team dell’Istituto di neuroscienze del Cnr aggiunge un importante tassello alla comprensione della sua base biologica, aprendo alla possibilità di terapie specifiche. I risultati sono pubblicati su Molecular Psychiatry
Una ricerca coordinata dall’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche di Vedano al Lambro (Monza Brianza), condotta in collaborazione con ricercatori e ricercatrici dell’Università di Ulm (Germania) e della Vanderbilt University di Nashville (USA) ha approfondito lo studio della Sindrome di Phelan-McDermid (PMS), rara condizione genetica per la quale ad oggi non esistono cure, che rientra tra i disturbi del neurosviluppo: è caratterizzata, infatti, da disabilità intellettiva, tratti autistici e sintomi neuropsichiatrici.


Uno studio internazionale, pubblicato su Nature Communications, evidenzia la presenza nel Mar Tirreno di un mantello terrestre molto diverso da quello osservato in ambienti tettonici simili, aprendo nuovi scenari per comprendere la formazione degli oceani. La ricerca, frutto dell’ultima spedizione IOPD 402, è a firma, tra gli altri, dell’Università di Pavia e del Cnr-Ismar

Il nostro pianeta è suddiviso in tre strati principali: crosta, mantello e nucleo. Il mantello, situato sotto chilometri di sedimenti e rocce magmatiche, è normalmente inaccessibile e raggiungerlo è stato uno degli obiettivi principali delle trivellazioni scientifiche in mare. Negli anni ’80 si è scoperto che, in alcuni punti dell’Oceano Atlantico, il mantello affiora in corrispondenza delle dorsali oceaniche, catene montuose sommerse che originano la crosta oceanica e separano i continenti. Da allora, numerose spedizioni della sono state dedicate allo studio di questo strato. Tuttavia, solo cinque spedizioni sono riuscite a raccogliere più di 50 metri di rocce di mantello, prevalentemente lungo le dorsali oceaniche dell’Atlantico e del Pacifico.


Uno studio congiunto condotto da Sapienza Università di Roma, Università di Genova ed ENEA ha indagato sperimentalmente i meccanismi alla base della tossicità del minerale appartenente al gruppo delle zeoliti e relativamente diffuso sulla Terra. I risultati della ricerca sono stati pubblicati sul “Journal of Hazardous Materials”
L’erionite è una specie appartenente al gruppo delle zeoliti, minerali presenti principalmente in rocce vulcaniche e di ampio impiego in vari settori, dall’edilizia all’agricoltura. Sebbene le zeoliti, in generale, non siano dannose per l’uomo, l’erionite, al contrario, possiede un alto grado di tossicità per inalazione, centinaia di volte superiore a quella dell’amianto. A partire dalla metà degli anni Settanta, infatti, l’erionite è stata la causa di un’epidemia di mesotelioma pleurico maligno (MPM) in alcuni villaggi della Cappadocia, dove le abitazioni erano costruite con materiali contenenti questo minerale.


Pubblicato su Current Biology uno studio condotto da ricercatori delle Università di Pisa, di Sydney, di Firenze e del Salento


In uno studio appena pubblicato sulla rivista Current Biology, i ricercatori delle Università di Pisa, di Sydney, di Firenze e del Salento hanno dimostrato che l’apprendimento statistico – cioè quello in cui acquisiamo informazioni in modo del tutto automatico e inconsapevole – si può rintracciare persino in una delle nostre reazioni più semplici e inconsapevoli: la costrizione o dilatazione della pupilla dei nostri occhi, evocata dalla vista di un’immagine.

“Questo studio dimostra che il nostro sistema visivo è sensibile alle regolarità statistiche del nostro ambiente anche quando non siamo in grado di percepirle in modo consapevole – commenta Paola Binda, professoressa dell’Università di Pisa e prima autrice del lavoro – Il diametro pupillare si conferma una ricca fonte di informazioni sul funzionamento dei nostri sistemi sensoriali e cognitivi: una vera e propria finestra sulla mente e sulle sue capacità di apprendimento”.


La ricerca, a cui ha preso parte un team di biologi della Sapienza, ha individuato i meccanismi molecolari che consentono ad alcune microverdure di germogliare e crescere al buio. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Plant Communications”
Tra le principali sfide nella coltivazione di verdure nello spazio, una delle più rilevanti è la limitata disponibilità di risorse energetiche, in particolare la luce, fondamentale per la crescita e il corretto sviluppo delle piante.

L’individuazione di varietà di microverdure in grado di essere coltivate in contesti ambientali estremi, come le missioni spaziali, rappresenta una soluzione ideale soprattutto per rifornire di cibi freschi gli astronauti durante i viaggi e la loro permanenza nello spazio.


Uno studio internazionale, coordinato dalla Sapienza, ha dimostrato sperimentalmente l‘esistenza del ghiaccio VII plastico, la cui presenza è ipotizzata all’interno di alcune lune del sistema solare. La scoperta, pubblicata su “Nature”, apre nuove opportunità di ricerca per la comprensione dell’evoluzione strutturale dei pianeti ghiacciati
Una fase cristallina dell’acqua che si forma a pressioni superiori a 50000 atmosfere e 300 °C: il ghiaccio VII plastico che si differenzia dalle altre forme di ghiaccio per la sua natura ibrida tra un solido e un liquido. Le molecole dell’acqua in questa fase sono disposte in un reticolo cubico denso, ma, a differenza delle altre forme di ghiaccio, sono libere di ruotare attorno alle loro posizioni d’equilibrio in modo simile a un liquido. Questo comportamento dinamico conferisce alla fase una natura plastica, la cui esistenza è stata ipotizzata da simulazioni di dinamica molecolare ma mai osservata sperimentalmente.


Uno straordinario evento, compatibile con un neutrino dell’energia stimata di circa 220 PeV (220 x 1015 elettronvolt o 220 milioni di miliardi di elettronvolt), è stato rivelato il 13 febbraio 2023 dal rivelatore ARCA del telescopio sottomarino per neutrini KM3NeT.
Questo evento, denominato KM3-230213A, è il neutrino più energetico mai osservato e fornisce la prima prova che nell’universo vengono prodotti neutrini di energie così elevate.

Dopo un lungo e accurato lavoro di analisi e interpretazione dei dati sperimentali, oggi, 12 febbraio 2025, la Collaborazione scientifica internazionale KM3NeT riporta i dettagli di questa fantastica scoperta in un articolo pubblicato su Nature, e nel corso di un evento trasmesso in diretta dalle sedi dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, tra i fondatori e principali contributori del progetto, a Roma, del CNRS Centre National de la Recherche Scientifique a Parigi e di Nikhef National Institute for Subatomic Physics ad Amsterdam.

 

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