Comunità microbiche sahariane sulle Alpi

Ibimet-Cnr; Fondazione Edmund Mach; Università di Firenze, Venezia e Innsbruck 20 Mar 2017

Pubblicata su Microbiome una ricerca di Fondazione Edmund Mach, Istituto di biometeorologia del Cnr, Università di Firenze, Innsbruck, Venezia. Studiando la polvere sahariana depositata e ‘sigillata’ sulla neve delle Alpi dolomitiche, sono state identificate migrazioni di microorganismi dalle aree sahariane. Si tratta di uno degli effetti del cambiamento climatico e dell’uso del suolo

 

Il cambiamento climatico e l’uso del suolo stanno provocando migrazioni che non si possono fermare, quelle dei microorganismi. Un team multidisciplinare di microbiologi, geologi, chimici e bioclimatologi di Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, Istituto di biometeorologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibimet-Cnr) , Università di Firenze, Venezia e Innsbruck, ha studiato la carica microbica di uno tra i più intensi eventi di trasporto di polveri sahariane che ha raggiunto le Alpi nel 2014, pubblicando i risultati sulla prestigiosa rivista Microbiome.

Questa grande tempesta ha depositato enormi quantità di polvere sahariana sulle Alpi dolomitiche che è stata poi sigillata tra strati di neve 'pulita'. Ciò ha permesso una determinazione precisa di microrganismi associati alla deposizione. Nei campioni di neve raccolti su Marmolada e Latemar, i ricercatori hanno trovato prove che le grandi tempeste di polvere possono muovere non solo frazioni, ma intere comunità microbiche (batteri e funghi) dalle aree sahariane all’Europa e che questo microbiota contiene molti organismi estremamente resistenti e in grado di sopravvivere in ambienti diversi.

Il team interdisciplinare è guidato da Tobias Weil (Fem), Duccio Cavalieri (Università di Firenze) e Franco Miglietta (Ibimet-Cnr, Foxlab) che hanno coordinato esperti in geologia, ambiente, meteorologia, microbiologia e bioinformatica di Fondazione Edmund Mach, Consiglio nazionale delle ricerche, Università di Firenze, Innsbruck, Venezia.

“L’idea di studiare un eccezionale evento invernale”, spiegano i ricercatori, “ha consentito di scoprire quasi intere comunità di microbi Sahariani, trasportate dal vento e congelate in uno strato di neve rosa, isolato sotto lo zero dagli strati precedenti e dai successivi”. L’analisi delle firme genetiche dei batteri e funghi congelati e delle comunità microbiche dei suoli ha consentito di verificare che alcuni di questi microbi sahariani sopravvivono anche dopo lo scioglimento delle nevi, probabilmente perché presenti in grandi quantità. Quanto scoperto suggerisce che il cambiamento climatico e l’aumentata frequenza di questi eventi possa cambiare in modo significativo le comunità microbiche dei nostri suoli, trasportando intere comunità microbiche molto lontane.

Accettando la sfida lanciata recentemente dalle Nazioni Unite per l’implementazione di azioni di monitoraggio e protezione in materia di tempeste di sabbia e polvere dovuto a trasporto di lungo raggio, gli autori indicano metodologie rapide ed efficaci per monitorare i rischi associati alla fusione di neve e ghiacciai contaminati da popolazioni microbiche che arrivano da lontano. Una strada per arrivare a sistemi efficaci di allerta precoce.

Questo studio è stato reso possibile dalle moderne e sofisticate strumentazioni di ricerca: tra queste la metagenomica e biologia computazionale di Fem. “Da quando tecniche di sequenziamento di ultimissima generazione hanno dato all’uomo la possibilità di vedere microorganismi senza coltivarli su piastra, ma identificandoli direttamente dalla 'firma' del DNA, si è scoperto che i batteri e i funghi sono in tutti gli ambienti, inclusa l’aria, le nubi e il vento”, concludono i ricercatori.

 

 

 

 

 

 

 

 

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