Individuato un legame tra riscaldamento globale ed eventi di freddo estremo

I ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Università di Harvard hanno individuato una condizione anticipatrice delle temperature anomale nella stratosfera polare da cui hanno origine i fenomeni che permettono all’aria gelida di raggiungere le medie latitudini come le nostre. Il meccanismo analizzato dallo studio curato da Mostafa Hamouda e Claudia Pasquero dell’Università di Milano-Bicocca insieme a Eli Tziperman dell’Università di Harvard offre anche una spiegazione al legame tra il riscaldamento globale e l’aumento degli eventi di freddo estremo. I risultati del lavoro di ricerca sono stati pubblicati su “Nature Climate Change” nell’articolo dal titolo “Decoupling of the Arctic Oscillation and North Atlantic Oscillation in a warmer climate” (https://www.nature.com/articles/s41558-020-00966-8).
Le condizioni meteorologiche invernali alle medie latitudini sono fortemente influenzate dal cosiddetto vortice polare, una circolazione atmosferica che intrappola l’aria fredda dell’Artico alle alte latitudini e le impedisce di raggiungere altre zone del globo. In media una volta ogni due anni, il vortice polare si indebolisce e permette all’aria gelida di raggiungere le medie latitudini: un fenomeno, questo, che può arrivare ad interessare anche il nostro paese. Ricordiamo ad esempio l’abbondante nevicata a Roma del 2018 e il febbraio 2012 in cui la temperatura in pianura Padana scese sotto i -20°C e la laguna Veneta ghiacciò.
Stanchezza e affaticabilità, esclusa una relazione diretta con la colangite biliare primitiva

La stanchezza non è un sintomo riconducibile alla colangite biliare primitiva (CBP). Una ricerca condotta dal Centro delle Malattie Autoimmuni del Fegato dell’Ospedale San Gerardo di Monza e dai Dipartimenti di Medicina e di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca ha escluso una relazione diretta con la patologia del fegato, individuando in altri fattori una possibile causa di stanchezza e affaticabilità.
La CBP è una malattia del fegato che, benché rara, in Italia colpisce più di 10.000 persone, soprattutto donne oltre i 40 anni di età. Da più di 30 anni studiosi del nord Europa sostengono che pazienti affetti da CBP soffrono molto di stanchezza ed affaticabilità (“fatigue” in inglese), sintomi che non trovavano riscontro nell’esperienza clinica di altri medici e studiosi che operano in altre parti nel mondo. A rendere ancora più complessa la comprensione del problema ha contribuito per lungo tempo la mancanza di strumenti adeguati per valutare la “stanchezza ed affaticabilità”. Una scarsa chiarezza che ha creato e crea molti problemi ai pazienti ed ai loro medici curanti.
Demenza frontotemporale: identificato nel circuito talamo-cortico-striatale l’alterata percezione del dolore

Pubblicato sulla rivista Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry un articolo nel quale si dimostra che una significativa alterazione della percezione soggettiva del dolore è presente in soggetti affetti da Demenza Fronto-temporale portatori di mutazione C9orf72. La percezione può essere aumentata o ridotta ed è associata ad una significativa atrofia, documentata con sequenze di risonanza magnetica, di una specifica area cerebrale, il circuito talamo-cortico-striatale.
Del gruppo di ricercatori, riuniti in un consorzio internazionale, fanno parte la dott.ssa Daniela Galimberti ed il prof. Elio Scarpini, del Centro Dino Ferrari dell’Università Statale di Milano e del Policlinico di Milano.
Lo studio è stato condotto su pazienti affetti da Demenza Fronto-temporale, la seconda causa (dopo la malattia di Alzheimer) di decadimento cognitivo prima dei 65 anni, caratterizzata clinicamente da disturbi psico-comportamentali quali disinibizione, alterazioni della condotta sociale, aggressività e da una riduzione di volume di aree cerebrali specifiche. In circa il 20% dei casi è possibile identificare una mutazione in uno dei tre geni principali (progranulina, MAPT e C9ORF72).
Un nuovo tentativo di sdoganare gli OGM

Il 13 gennaio il voto in Commissione Agricoltura della Camera
Già lo scorso 28 dicembre, in sordina e con una seduta a ranghi ridotti per le festività, la Commissione Agricoltura del Senato ha espresso parere favorevole sui 4 decreti, che permettono di fatto la sperimentazione in campo non tracciabile di varietà di sementi e materiale di moltiplicazione ottenuti con le “nuove tecniche di miglioramento genetico” (NBT) che, come ha confermato la sentenza del 2018 della Corte Europea di Giustizia, sono a tutti gli effetti OGM e come tali devono sottostare alle normative europee esistenti in materia.
Se la Commissione Agricoltura della Camera prenderà la stessa decisione di quella del Senato, DOP, IGP, vini di qualità, produzione biologica, prodotti dei territori, varietà locali e tradizionali potranno essere contaminate da prodotti ottenuti con le nuove tecniche di genome editing (NBT) che non saranno etichettati come OGM e quindi saranno irriconoscibili per i consumatori.
Ne risulterà che coloro che vorranno prodotti “GMO-free” garantiti, per esempio nell'export, rifiuteranno anche i prodotti etichettati come “non-OGM” per mancanza di certezze. Chi pagherà i danni? Di fatto, con questi decreti, le sanzioni per il rilascio ambientale di OGM sono esigue e, oltre a non avere funzione deterrente, aprono alla possibilità immediata di sperimentazione in pieno campo.
Subsidenza: una mappatura globale

Il lungomare del distretto di Pluit a Jakarta in Indonesia, situato alcuni metri sotto il livello del mare e protetto da esso per mezzo di un muro di cemento che deve essere rialzato ogni pochi anni per contrastare una subsidenza di 10-20 cm / anno dovuto
Uno studio condotto dall'Università di Padova e dagli Istituti del Consiglio nazionale delle ricerche per la protezione idrogeologica (Cnr-Irpi) e di geoscienze e georisorse (Cnr-Igg), evidenzia per la prima volta che l’abbassamento della superficie terrestre dovuto allo sfruttamento del sottosuolo può causare impatti ambientali e socio-economici rilevanti. L’86% della popolazione mondiale interessata dal fenomeno vive in Asia. In Italia le regioni più coinvolte sono Emilia-Romagna, Veneto, Puglia, Toscana, Campania e Calabria. Il lavoro, pubblicato su Science, è stato svolto nell’ambito dell’Iniziativa LaSII dell’UNESCO.
Creato per la prima volta un modello 3D di microbiota intestinale umano

La ricerca dell’Università di Pisa e del Politecnico delle Marche su Scientific Reports. Il modello permetterà di comprendere gli effetti di farmaci e alimenti e di personalizzare terapie e dieta
Un gruppo di scienziati ha per la prima volta creato in laboratorio un modello 3D in vitro di microbiota intestinale umano. Il modello permetterà in futuro di comprendere gli effetti di farmaci e alimenti sui singoli individui e di personalizzare terapie e dieta. La ricerca illustrata con un articolo sulla rivista Scientific Reports è stata condotta da Giovanni Vozzi ed Emilia Ghelardi dell’Università di Pisa e da Monica Mattioli Belmonte dell’Università Politecnica delle Marche.
“Attualmente non esistono altri dispositivi capaci di riprodurre con tale fedeltà topologica, meccanica e biochimica la generazione e l’evoluzione del microbiota intestinale umano – spiega il bioingegnere Giovanni Vozzi – il modello è costituito da strutture polimeriche naturali nanofabbricate sulle quali abbiamo innestato le colture di microbiota intestinale, questo ci ha permesso di replicare in modo fedele lo strato di biofilm batterico presente nell’intestino umano così da valutare l’effetto di farmaci, probiotici, prebiotici e degli alimenti sulla composizione e biodiversità delle popolazioni microbiche residenti”.
Nell’ambito della ricerca, il gruppo di Giovanni Vozzi, ha realizzato la struttura, in termini tecnici lo “scaffold” polimerico naturale elettrofilato, su cui è stato impiantato il biofilm batterico. Il gruppo di Emilia Ghelardi, si è occupato invece della semina e della crescita del microbiota intestinale sul supporto polimerico e della sua caratterizzazione mediante studi di metagenomica e real-time PCR quantitativa.
Child marriage is legal and persists across Canada

Over 3,600 marriage certificates were issued to children under the age of 18 between 2000 and 2018
Canada is at the forefront of global efforts to end child marriage abroad. Yet this practice remains legal and persists across the country. In Canada, more than 3,600 marriage certificates were issued to children, usually girls, under the age of 18 between 2000 and 2018, according to a new study from researchers at McGill University. In recent years, an increasing number of child marriages have been common-law unions.
Child marriage, defined as formal or informal (common-law) marriage before the age of 18, is a globally-recognized indicator of gender inequality because the negative consequences for health and personal development disproportionately affect girls. While much research has focused on developing countries, in wealthier nations like Canada, child marriage practices are overlooked and understudied.
Using data from vital statistics agencies and recent censuses, the researchers found that child marriage remains in practice from coast to coast, with the highest estimates of formal marriage found in Alberta (0.03%) and Manitoba (0.04%), and the highest estimates of any type of child marriage (formal or common-law) in Saskatchewan (0.5%) and the territories (1.7%). The study, published in Population and Development Review, is the first to shed light on how common child marriages are in the country.
Resistant rice plants: TU Graz identifies bacterium that protects rice plants against diseases

With their expertise in microbiome research, the researchers at the Institute of Environmental Biotechnology were able to demonstrate how a specific bacterium inside the seeds of rice plants effectively and in an eco-friendly way inhibits destructive plant pathogens.
Rice is the staple food of about half the world's population. The cultivation of the rice plant is very water-intensive and, according to the German aid organization Welthungerhilfe, around 15 per cent of rice is grown in areas with a high risk of drought. Global warming is therefore becoming increasingly problematic for rice cultivation, leading more and more often to small harvests and hunger crises. Crop failures caused by plant pathogens further aggravate the situation. Here, conventional agriculture is trying to counteract this with pesticides, which are mostly used as a precautionary measure in rice cultivation. The breeding of resistant plants is the only alternative to these environmentally harmful agents – and currently only moderately successful. If the plants are resistant to one pathogen thanks to their breeding, they are usually more susceptible to other pathogens or are less robust under adverse environmental conditions.
Nitruri 2D per una microelettronica super efficiente

La scoperta di nuove forme bidimensionali dei nitruri apre nuove prospettive per l’elettronica ultra-veloce e ad alta efficienza energetica. Uno studio pionieristico dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi del Cnr di Catania pubblicato su Advanced Materials
L’emergenza ambientale a livello globale richiede il passaggio verso forme di energia rinnovabili e l’adozione di metodi efficienti per la distribuzione, la conversione e l’utilizzo dell’energia elettrica. In questo contesto, gli straordinari progressi ottenuti nel corso degli ultimi anni nella tecnologia dei materiali semiconduttori ad ampia banda proibita, quali il carburo di silicio (SiC) e il nitruro di gallio (GaN), sono stati alla base della transizione verso una elettronica ad alte prestazioni e ad alta efficienza energetica, in grado di rispondere all’emergenza posta dal riscaldamento globale.
La recente dimostrazione di nuove forme bidimensionali del GaN e di altri nituri (InN ed AlN) apre nuove prospettive per l’applicazione di questi materiali nella micro e nanoelettronica. Uno dei primi studi in questa direzione, realizzato dai ricercatori dell’Istituto per la microelettronica e microsistemi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Imm) di Catania, in collaborazione con l’Università di Linkoping in Svezia e con l’MFA-EK di Budapest, nell’ambito del progetto europeo Grifone, è stato recentemente pubblicato sulla rivista internazionale Advanced Materials.
Dare un “calcio” agli atomi per far diventare trasparente un materiale

Un team ricercatori di Italia, Germania e Stati Uniti, in uno studio pubblicato su Nature Physics, dimostra come in un ossido di Rame l’eccitazione degli atomi con un campo infrarosso possa migliorare altre proprietà del materiale
Trieste, 8 gennaio 2021 - Tutti i dispositivi optoelettronici funzionano sulla base di come i materiali assorbono, trasmettono o riflettono la luce. Per questo, comprendere come i materiali interagiscono con la radiazione a livello atomico non solo aiuta a decidere quale materiale scegliere per una determinata applicazione - ad esempio nel campo delle telecomunicazioni o della sensoristica -, ma apre anche allo sviluppo di materiali con proprietà sempre nuove. Una collaborazione tra ricercatori provenienti da Italia, Germania e Stati Uniti ha dimostrato come in un ossido di Rame (CuGeO3) far vibrare gli atomi forzatamente, “calciandoli” con un impulso laser a infrarossi, può rendere il materiale trasparente per tempi brevissimi (meno di 10 alla meno 12 secondi).
Medicina
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Studio pubblicato su «Nature Cell Biology» da Padova e Torino...
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