Le emozioni dietro la maschera: in che modo la pandemia cambia la capacità di leggere il volto

Lo studio, che ha coinvolto 122 soggetti in un esperimento online durante la primavera del 2020, ha evidenziato una maggiore difficoltà nel riconoscere le emozioni sui volti coperti dalle mascherine tradizionali rispetto a quelle dotate di una finestra di plastica trasparente che lascia intravedere la bocca. Il grado di affidabilità percepito resta però invariato. I risultati della ricerca, che ha visto la partecipazione del Dipartimento di Psicologia, sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports
Un tempo una rarità, nell'ultimo anno le mascherine sanitarie di ogni foggia e fattezza sono ormai arredo comune del nostro quotidiano. Fondamentali per contenere la pandemia di Covid-19, le mascherine comportano però alcuni effetti collaterali nella comunicazione non verbale, come documentato da un numero crescente di ricerche.
"Di norma, siamo piuttosto bravi ad associare un'emozione a una determinata espressione del volto. Ma quando questo è mascherato, facciamo molta più fatica” - commenta Marco Marini, dottorando del Dipartimento di Psicologia e primo autore di uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Scientific Reports, in collaborazione con l’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione e l’Istituto Di Neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche e l’Università di Torino.
Substances present in some cosmetic products, such as lipsticks, creams, or hair dyes, could increase the likelihood of developing endometriosis

Researchers from the University of Granada and the “San Cecilio de Granada” Teaching Hospital confirm that endocrine disruptors—chemical substances that may mimic or block the action of hormones—are present in some cosmetic products
The use of some cosmetic and beauty products (such as facemasks, lipsticks, face creams, nail polish, hair dyes, creams, hairspray, and hair mousse) could be related to an increased likelihood of developing endometriosis, due to certain chemical ingredients that mimic or block the action of hormones (known as endocrine disruptors).
This is one of the conclusions of a study conducted by researchers from the University of Granada (UGR) and the “San Cecilio de Granada” Teaching Hospital, published in the journal Environmental Research. The work forms part of a wider research project called EndEA.
Endometriosis is a very common gynaecological disease: it is estimated that one in 10 women of reproductive age could suffer from it. It is characterized by abnormal growth of endometrial tissue (which normally lines the inside of the uterus). This tissue extends into various areas of the abdomen and pelvis, causing a wide range of symptoms including intense chronic pain in the pelvic region, intestinal problems, and infertility, notably decreasing the quality of life of these women.
Scoperto il materiale che può diventare isolante eccitonico
Rappresentazione grafica degli eccitoni nel cristallo di solfuro di molibdeno sottoposto a pressioni elevate, raggiungibili in dispositivi a cella a diamante (Immagine Claudia Cardoso)
Uno studio di Cnr-Nano predice che un nuovo stato della materia, previsto negli anni '60 e mai confermato, si realizzi in un solido di solfuro di molibdeno applicando una pressione esterna. La ricerca è pubblicata sulla rivista PNAS.
L'isolante eccitonico, uno stato quantistico della materia teorizzato mezzo secolo fa e a lungo inseguito dai fisici, sembra ora a portata di esperimento. Ricercatori dell'Istituto nanoscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Nano) di Modena hanno previsto la possibilità di osservarlo sperimentalmente e in modo inequivocabile nel solfuro di molibdeno a pressioni e temperature raggiungibili in laboratorio. Il risultato fornisce una strategia per realizzare questo elusivo stato della materia di possibile impatto per future tecnologie quantistiche. Lo studio, condotto in collaborazione con Università di Modena e Reggio Emilia, è pubblicato sulla rivista PNAS.
Cambiamento climatico: quali pericoli per le isole europee

Il progetto europeo SOCLIMPACT, che ha coinvolto anche l’Università di Bologna con il Centro di Studi Avanzati sul Turismo del Campus di Rimini, ha analizzato i rischi ambientali, sociali ed economici a cui vanno incontro isole ed arcipelaghi dell’Unione Europea a causa del riscaldamento globale.
Da Cipro fino alle Azzorre, senza dimenticare Sicilia e Sardegna, le isole europee sono minacciate su più fronti dal cambiamento climatico: non solo per i possibili impatti a livello ambientale e naturalistico, ma anche per le possibili conseguenze sociali ed economiche. Con il progetto europeo SOCLIMPACT, istituti di ricerca ed enti locali, università e società private, economisti e politologi, fisici e climatologi, hanno unito le forze per capire cosa potrebbe succedere nei prossimi decenni e per individuare strategie efficaci di adattamento ai cambiamenti previsti.
Finanziato dal programma Horizon 2020, il progetto si è appena concluso, dopo 40 mesi di lavori. Ha coinvolto 24 partner di ricerca da otto paesi europei, tra cui l’Università di Bologna, con l’obiettivo di
costruire modelli di previsione dei cambiamenti climatici su scala locale, guardando a territori particolarmente fragili ed esposti come quelli delle isole.
Le Antille Francesi, le Azzorre, le Baleari, le Canarie, la Corsica, Creta, Cipro, Fehmarn, Madeira, Malta, Sardegna e Sicilia sono le isole e gli arcipelaghi dell’Unione Europea su cui si sono concentrati gli studiosi. Con un focus su quattro settori chiave per la “blue economy”: acquacoltura, energia, trasporti marittimi e turismo. Proprio il turismo, in particolare, è il tema su cui si è focalizzato il gruppo dell’Università di Bologna coinvolto nel progetto, che ha lavorato sfruttando le competenze del Centro di Studi Avanzati sul Turismo (CAST), attivo al Campus di Rimini e punto di riferimento internazionale per la ricerca nel settore turistico.
Lotta alla Xylella in Puglia

Una buona notizia sul fronte pesticidi e tutela della buona agricoltura e conservazione della Natura arriva dalla Puglia con la decisione della Regione di autorizzare per il contrasto alla Xylella anche prodotti naturali ammessi per l’agricoltura biologica e non solo pesticidi di sintesi.
“La ragionevolezza della Regione ha evitato uno scontro dal quale tutti sarebbero usciti sconfitti”. Ha commentato il delegato del WWF Italia per la Puglia, Nicolò Carnimeo, dopo la dichiarazione con cui l’Assessore regionale all’Ambiente, Anna Grazia Maraschio, ha ufficializzato la decisione della Regione. Viene così scongiurato quanto inizialmente proposto nella bozza del Piano di azione per il contrasto e diffusione della Xylella presentato nelle settimane scorse dalla Direzione del Dipartimento Agricoltura Sviluppo Rurale e Ambientale della Regione Puglia che avrebbe cancellato un terzo delle aziende agricole biologiche pugliesi e determinato un grave impatto sulla biodiversità nel sistema delle aree naturali protette regionali. La decisione della Regione è scaturita all’indomani di un tavolo di concertazione organizzato il 25 marzo scorso dall’Assessore all’Ambiente con i rappresentanti del mondo accademico, delle Associazioni agricole e ambientaliste ed i gestori delle aree protette situate nel territorio pugliese interessato dalla Xylella.
Tumore al colon: scoperto un meccanismo alla base della formazione delle metastasi

Identificati due marcatori che inducono le cellule staminali tumorali del colon a sviluppare metastasi.
Lo studio condotto dall’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Cnr di Napoli apre la strada a nuove terapie che colpendo tali fattori potrebbero eliminare selettivamente una specifica popolazione di cellule tumorali. I risultati della ricerca realizzata grazie al sostegno della Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro sono stati pubblicati sulla rivista Theranostics Un gruppo di ricercatori dell’Istituto di genetica e biofisica “Adriano Buzzati Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb) ha identificato due marcatori molecolari che guidano le cellule staminali tumorali del colon verso lo sviluppo di metastasi.
Lo sbadiglio contagioso, segno di empatia e legame sociale, è già presente nei bambini sin da piccoli

Lo studio dell’Università di Pisa condotto in una scuola di Viareggio e pubblicato su Developmental Psychobiology ha per la prima volta documentato il fenomeno anche nella prima infanzia.
Lo sbadiglio contagioso, come segno di empatia e legame sociale, non riguarda solo gli adulti ma è già presente nei bambini sin da due anni e mezzo. La notizia arriva da uno studio pubblicato sulla rivista Developmental Psychobiology coordinata da tre etologhe dell’Università di Pisa, le dottoresse Giada Cordoni ed Eleonora Favilli del Museo di Storia Naturale di Calci e la professoressa Elisabetta Palagi del Dipartimento di Biologia.
La ricerca, frutto di un progetto di etologia umana più ampio intitolato "Ontogenesi del comportamento sociale, di gioco ed empatico nell'uomo: osservazioni etologiche su bambini in età pre-scolare", è stata condotta presso la scuola dell'infanzia "Florinda" dell'Istituto comprensivo Centro-Migliarina-Motto di Viareggio (Lucca). Qui sono stati raccolti i video sui bambini dai due anni e mezzo ai cinque anni e mezzo durante lo svolgimento delle loro normali attività scolastiche e in presenza di insegnanti e compagni di classe.
L’anomalia cardiaca si corregge con un catetere miniaturizzato

L’anomalia cardiaca si corregge con un catetere miniaturizzato. Intervento a Niguarda in collaborazione col Policlinico di Milano su un neonato prematuro di 1100 grammi, il più piccolo in Italia mai operato con questa tecnica
L'intervento salvavita mette in luce la collaborazione tra i due centri milanesi per la correzione delle cardiopatie congenite dei neonati prematuri. Grazie alla tecnica transcatetere si è evitato il ricorso ad un intervento a torace aperto
Portata a termine con successo dai cardiologi pediatrici del Niguarda una procedura di chiusura percutanea del dotto arterioso di Botallo sul cuore di un neonato del peso di 1100 grammi, in collaborazione con i neonatologi del Policlinico di Milano. Si tratta del paziente più piccolo per peso mai sottoposto a correzione transcatetere in Italia.
L’intervento è stato portato a termine nelle sale di emodinamica di Niguarda, da un team multidisciplinare composto da cardiologi pediatrici, anestesisti, tecnici di radiologia, neonatologi e infermieri. Gli specialisti hanno utilizzato un nuovo device, che tramite un catetere sottilissimo, del diametro di uno spaghetto, inserito con una puntura dalla vena femorale ha raggiunto l’arteria polmonare e quindi - attraverso il dotto - l’aorta. “Una volta in sede dal catetere è stato rilasciato un dispositivo auto-espandibile che è andato a tappare il dotto arterioso aperto - spiega Giuseppe Annoni, Cardiologo Pediatrico di Niguarda -. Durante la vita fetale, infatti, esiste un “tubicino”, il dotto di Botallo appunto che, mettendo in comunicazione l’arteria polmonare con l’aorta, ottimizza la circolazione fetale. Dopo la nascita il dotto normalmente si chiude ma se questo non avviene possono insorgere complicazioni cardiache”.
Carbon-neutral “biofuel” from lakes

Lakes store huge amounts of methane. In a new study, environmental scientists at the University of Basel offer suggestions for how it can be extracted and used as an energy source in the form of methanol.
Discussion about the current climate crisis usually focuses on carbon dioxide (CO2). The greenhouse gas methane is less well known, but although it is much rarer in the atmosphere, its global warming potential is 80 to 100 times greater per unit.
More than half the methane caused by human activities comes from oil production and agricultural fertilizers. But the gas is also created by the natural decomposition of biomass by microbes, for example in lakes. In their most recent publication, researchers at the University of Basel in Switzerland outline the potential and theoretical possibilities for using methane from lakes and other freshwater bodies for sustainable energy production.
Più neve ad alta quota sulle Alpi Giulie a causa del riscaldamento artico

Pubblicata su Atmosphere una ricerca che chiarisce l’anomalia dei piccoli ghiacciai delle Alpi Giulie a bassa quota che, invece di scomparire a causa del riscaldamento globale, come nel resto delle Alpi, sono resilienti e stabili da circa 15 anni. Un team internazionale di ricerca coordinato dall’Istituto di scienze polari del Cnr ha individuato due possibili cause: il maggiore riscaldamento dell’Artico e l’aumento della temperatura della superficie del Mare Adriatico
Tanta neve in un inverno non significa freddo. Tendenzialmente infatti si stanno registrando inverni sempre più miti rispetto al passato quando le estati, più fresche, facevano fondere meno neve sulle Alpi e i ghiacciai restavano in equilibrio. Un team internazionale composto da ricercatori di Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isp), Aberystwyth University in Galles (Uk), International Center for Theoretical Physics (Ictp), Università di Trieste, Università di Udine, Eotvos Lorànd University di Budapest (Hu) ha pubblicato sulla rivista Atmosphere una ricerca che giustifica con l’aumento degli estremi nevosi nel settore alpino orientale le cause alla base della resilienza dei piccoli ghiacciai delle Alpi Giulie.
Medicina
Svelati i Segreti dello Sviluppo Embrionale Iniziale: Un Modello 3D di Cellule Staminali
Studio pubblicato su «Nature Cell Biology» da Padova e Torino...
Paleontologia
Il Segreto del Respiro: Il Fossile di Altamura Chiarisce l'Adattamento Facciale e Climatico dell'Uomo di Neanderthal
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Geografia e Storia
Campi Flegrei: La Microsismicità si Riorganizza, Segno della Nascita (o Riattivazione) di una Faglia
Un nuovo studio, frutto della collaborazione tra l’Università degli Studi di Roma Tre e...
Archeologia 2.0: l'IA...
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Scienze Naturali e Ambiente
Le 10 Azioni del Decalbero WWF per una Festa a Basso Impatto 2025
Il WWF Italia, con la sua campagna Our Future, presenta anche...







